Supporto psicologico e psicoterapia

SUPPORTO PSICOLOGICO/PSICOTERAPIA AL SINGOLO

Supporto o psicoterapia richiesta da una persona singola in un momento particolare del ciclo di vita, in occasione di un evento traumatico o di una sintomatologia.

Il percorso di supporto al singolo consiste in un’iniziale raccolta della domanda che l’ha spinto a chiedere aiuto, concentrandosi su una raccolta di informazioni circa l’eventuale sintomo, la sua storia ed altre informazioni riguardo la vita personale e familiare. Dopo questo iniziale inquadramento, che avviene nella consultazione, si concorda un progetto di presa in carico con i relativi obiettivi: tale modalità permette di fermarsi a verificare puntualmente lo stato del percorso, monitorandolo nel suo procedere, rilanciandolo e soprattutto mantenendo attivo il focus sulla tenuta della relazione terapeutica. Il percorso può avviarsi sia sulla base di un’intenzione personale, sia su invito di altri soggetti significativi nella vita della persona che hanno consigliato e spinto per un momento di verifica individuale. Il percorso non ha una durata prestabilita, a parte la prima consultazione, proprio per avere la possibilità di lavorare per obiettivi e, se necessario, scendere sempre più in profondità nell’accogliere il malessere e nel sostenere le risorse liberate e spendibili nel raggiungimento di un maggiore benessere. Come già detto risulta importante dare voce e utilizzare la relazione terapeutica come “esperimento in vivo” delle relazioni che la persona crea nel suo contesto di vita: “la pancia” del terapeuta è un’importante occasione per rispecchiare al paziente come si può sentire l’altro in determinate occasioni e/o situazioni. In ogni seduta, dare voce e spazio alla relazione terapeutica – anche per poco – è sicuramente un canale di riflessione e cambiamento.

La psicoterapia, a differenza del supporto psicologico, che consiste in un accompagnamento ad affrontare i singoli passaggi della vita, implica sicuramente una maggiore messa in gioco di paziente e terapeuta ed è finalizzata a provare un’appartenenza ad una relazione, quindi una progressiva separazione, risanando – questo è l’auspicio più alto – quelle ferite che impediscono di “lasciare il passato nel passato”.

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SUPPORTO PSICOLOGICO / PSICOTERAPIA AL SINGOLO

Supporto o psicoterapia richiesta da una persona singola in un momento particolare del ciclo di vita, in occasione di un evento traumatico o di una sintomatologia.

Il percorso di supporto al singolo consiste in un’iniziale raccolta della domanda che l’ha spinto a chiedere aiuto, concentrandosi su una raccolta di informazioni circa l’eventuale sintomo, la sua storia ed altre informazioni riguardo la vita personale e familiare. Dopo questo iniziale inquadramento, che avviene nella consultazione, si concorda un progetto di presa in carico con i relativi obiettivi: tale modalità permette di fermarsi a verificare puntualmente lo stato del percorso, monitorandolo nel suo procedere, rilanciandolo e soprattutto mantenendo attivo il focus sulla tenuta della relazione terapeutica. Il percorso può avviarsi sia sulla base di un’intenzione personale, sia su invito di altri soggetti significativi nella vita della persona che hanno consigliato e spinto per un momento di verifica individuale. Il percorso non ha una durata prestabilita, a parte la prima consultazione, proprio per avere la possibilità di lavorare per obiettivi e, se necessario, scendere sempre più in profondità nell’accogliere il malessere e nel sostenere le risorse liberate e spendibili nel raggiungimento di un maggiore benessere. Come già detto risulta importante dare voce e utilizzare la relazione terapeutica come “esperimento in vivo” delle relazioni che la persona crea nel suo contesto di vita: “la pancia” del terapeuta è un’importante occasione per rispecchiare al paziente come si può sentire l’altro in determinate occasioni e/o situazioni. In ogni seduta, dare voce e spazio alla relazione terapeutica – anche per poco – è sicuramente un canale di riflessione e cambiamento.

La psicoterapia, a differenza del supporto psicologico, che consiste in un accompagnamento ad affrontare i singoli passaggi della vita, implica sicuramente una maggiore messa in gioco di paziente e terapeuta ed è finalizzata a provare un’appartenenza ad una relazione, quindi una progressiva separazione, risanando – questo è l’auspicio più alto – quelle ferite che impediscono di “lasciare il passato nel passato”.

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SUPPORTO PSICOLOGICO / PSICOTERAPIA ALLA COPPIA

Supporto o psicoterapia richiesta da una persona singola in un momento particolare del ciclo di vita, in occasione di un evento traumatico o di una sintomatologia.

Anche una relazione di coppia può necessitare di un momento di verifica e di successivo rilancio. Il malessere della coppia può essere legato al malessere del singolo che sta manifestando dei sintomi e/o attraversando una fase di fatica nella sua vita oppure della relazione stessa il cui patto necessita di essere “svecchiato”. I motivi per cui una coppia, inizialmente, intraprende il suo cammino insieme sono solitamente legati alla possibilità che ciascun partner vede nell’altro di soddisfare i suoi bisogni infantili inevasi e riparare antiche ferite. Dopo l’iniziale possibilità di gratificazione personale, però, è necessario che la coppia cerchi e trovi sempre nuovi obiettivi su cui cooperare. Non sempre i due partner da soli riescono in questa “operazione di rilancio” e necessitano di essere accompagnati nel vedere e riconoscere ciò che non ha funzionato per vedersi e vedere la relazione con occhi nuovi. Il cambiamento, infatti, soprattutto per la coppia, consiste nell’imparare a “cambiare la mente” quindi lo sguardo con cui ciascun dei due partner riesce ad accogliere l’altro, figlio anche lui di una storia e, spesso, di una sofferenza.

La coppia può anche essere assediata da un’importate fatica comunicativa o da problematiche di natura educativa oppure in procinto di una separazione o subito dopo la suddetta e quindi necessitare di indicazioni circa l’accompagnamento dei figli. Diverse, quindi, possono essere le ragioni per cui una coppia si rivolge ad un terapeuta lungo un continuum che va dall’aiuto a tornare a stare bene insieme al supporto ad una scelta separativa come migliore soluzione per tutti gli attori in campo.

La consultazione per la coppia diventa, quindi, un momento prezioso per delineare l’orizzonte verso il quale ci si dirige e, soprattutto, la motivazione che la spinge a riprovarci o ad assumere la consapevolezza che non ci sono le condizioni per proseguire nella relazione. Il tutto con la guida ed il supporto del terapeuta che fa da specchio alle interazioni, dà voce alle storie e alle ragioni di ciascuno, consiglia delle strategie e verifica – con i partner – il benessere o meno della relazione durante il dipanarsi del percorso.

Anche la terapia di coppia non prevede un numero di incontri prestabilito: la fase iniziale di consultazione consta in alcuni colloqui, anche a cadenza settimanale, quindi – sulla base di ciò che emerge e soprattutto delle intenzioni dei partner – si definisce il passo successivo e l’orizzonte temporale. Mentre gli appuntamenti individuali, soprattutto se la situazione è caratterizzata da una certa urgenza, possono essere settimanali, gli appuntamenti di coppia, successivi alla consultazione, hanno una cadenza più distanziata nel tempo, dalle due alle tre settimane.

TERAPIA FAMILIARE

Terapia aperta all’intero nucleo familiare in relazione alla difficoltà di un componente della famiglia che, però, chiama in causa tutto il sistema.

Quando il malessere non coinvolge solo la coppia ma anche i figli, che spesso risultano i pazienti designati, diventa impellente – almeno durante la consultazione – accogliere la famiglia al completo. L’iniziale coinvolgimento dell’intero sistema permette di vedere, quindi, cogliere le dinamiche che scattano tra i membri, attraverso la preziosissima comunicazione non-verbale. Convocare la famiglia consente di intuire alleanze, triangolazioni, giochi di potere, gerarchie etc, insomma – nonostante la complessità del setting – è possibile “farsi un’idea” dell’aria che si respira tra le mura domestiche. L’obiettivo della terapia familiare non è certo quello di incasellare ogni famiglia in una fotografia statica del qui ed ora, quanto di dare voce ai vari membri della famiglia, crearsi un’ipotesi del funzionamento familiare, condividerla con i presenti e – da lì – lavorare per riequilibrare sistemi squilibrati, quindi sofferenti. La consultazione familiare, quindi, ha lo scopo di capire quali sono le dinamiche ed i movimenti all’interno del sistema, la terapia quello di modificare l’assetto familiare attraverso anche la diversificazione delle convocazioni dei diversi membri della famiglia per – ad esempio – riportare una sana gerarchia nel sistema oppure sollevare un membro da un compito troppo impegnativo oppure ancora rinsaldare la lealtà di coppia a discapito di un’eccessiva attenzione sull’asse genitoriale. Insomma l’obiettivo della terapia familiare consiste nel rendere più chiare e visibili tutte quelle comunicazioni implicite che rischiano di cristallizzare i ruoli e schiacciare i membri nell’impotenza.

Gli appuntamenti all’interno di un percorso di terapia familiare hanno una cadenza mensile, proprio per lasciare il tempo di far sedimentare quello che avviene in seduta e sperimentare dei piccoli cambiamenti tra un incontro e l’altro. L’intero percorso di terapia familiare non ha una durata prestabilita, spesso però – dopo una consultazione iniziale caratterizzata dalla presenza di tutti i membri familiari – cambiano le convocazioni e solo alcuni familiari proseguono nella presa in carico: questa è la particolarità e la forza di una terapia certamente faticosa e che prevede un grosso investimento, ma che fornisce tanti aspetti su cui poter lavorare.

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TERAPIA FAMILIARE

Terapia aperta all’intero nucleo familiare in relazione alla difficoltà di un componente della famiglia che, però, chiama in causa tutto il sistema.

Quando il malessere non coinvolge solo la coppia ma anche i figli, che spesso risultano i pazienti designati, diventa impellente – almeno durante la consultazione – accogliere la famiglia al completo. L’iniziale coinvolgimento dell’intero sistema permette di vedere, quindi, cogliere le dinamiche che scattano tra i membri, attraverso la preziosissima comunicazione non-verbale. Convocare la famiglia consente di intuire alleanze, triangolazioni, giochi di potere, gerarchie etc, insomma – nonostante la complessità del setting – è possibile “farsi un’idea” dell’aria che si respira tra le mura domestiche. L’obiettivo della terapia familiare non è certo quello di incasellare ogni famiglia in una fotografia statica del qui ed ora, quanto di dare voce ai vari membri della famiglia, crearsi un’ipotesi del funzionamento familiare, condividerla con i presenti e – da lì – lavorare per riequilibrare sistemi squilibrati, quindi sofferenti. La consultazione familiare, quindi, ha lo scopo di capire quali sono le dinamiche ed i movimenti all’interno del sistema, la terapia quello di modificare l’assetto familiare attraverso anche la diversificazione delle convocazioni dei diversi membri della famiglia per – ad esempio – riportare una sana gerarchia nel sistema oppure sollevare un membro da un compito troppo impegnativo oppure ancora rinsaldare la lealtà di coppia a discapito di un’eccessiva attenzione sull’asse genitoriale. Insomma l’obiettivo della terapia familiare consiste nel rendere più chiare e visibili tutte quelle comunicazioni implicite che rischiano di cristallizzare i ruoli e schiacciare i membri nell’impotenza.

Gli appuntamenti all’interno di un percorso di terapia familiare hanno una cadenza mensile, proprio per lasciare il tempo di far sedimentare quello che avviene in seduta e sperimentare dei piccoli cambiamenti tra un incontro e l’altro. L’intero percorso di terapia familiare non ha una durata prestabilita, spesso però – dopo una consultazione iniziale caratterizzata dalla presenza di tutti i membri familiari – cambiano le convocazioni e solo alcuni familiari proseguono nella presa in carico: questa è la particolarità e la forza di una terapia certamente faticosa e che prevede un grosso investimento, ma che fornisce tanti aspetti su cui poter lavorare.

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SUPPORTO PSICOLOGICO / PSICOTERAPIA AL BAMBINO O ADOLESCENTE

Supporto o psicoterapia per il bambino o l’adolescente che sta vivendo un momento di fatica, anche solo a livello evolutivo.

Dopo l’iniziale accoglienza della triade (genitori e figlio/a) e l’inquadramento familiare della domanda, può essere che il bambino abbia bisogno di uno spazio suo di ascolto e supporto. In tal caso, le sedute prevedono la sola sua presenza, mantenendo salda l’alleanza e la collaborazione con i genitori che, di volta in volta, verranno coinvolti come “terapeuti” dei propri figli in un’ottica di collaborazione tra adulti per il benessere dei più piccoli.

Nel caso in cui la richiesta sia per il figlio adolescente o lui/lei direttamente esprima il desiderio di un supporto, la convocazione iniziale è solitamente familiare, anche solo per raccogliere il consenso al trattamento dei dati e al supporto psicologico da parte dei genitori. Solitamente il supporto prosegue con l’accoglienza ed il lavoro terapeutico direttamente con l’adolescente, a meno che la problematica sia strettamente familiare e necessiti della presenza dei membri della famiglia sia per inquadrare il problema, sia come risorse per farvi fronte.

Succede che gli adolescenti, in tale fase di svincolo, ma ancora di appartenenza al nucleo familiare, possano manifestare una domanda su di sé e il desiderio di confrontarsi con adulti al di fuori del contesto familiare e/o scolastico. Le domande con cui un ragazzo/a si avvicina ad uno spazio psicologico possono essere di natura identitaria, sociale, familiare, sessuale etc…. Dopo l’accoglienza iniziale della domanda, si procede con l’ascolto dell’adolescente stesso e delle sue soggettive problematiche in un’ottica anche preventiva di supporto ad uno sviluppo il più armonico possibile con la consapevolezza e sicurezza della plasticità del suo cervello. L’adolescenza, infatti, è una fase molto speciale di messa in discussione di tutte quelle certezze che di solito caratterizzano l’infanzia e di sperimentazione su tutti i fronti, spesso con una ridotta consapevolezza dei limiti, cosa che viene più facile all’adulto. Il cervello adolescente ha un grande potenziale che si declina nella ricerca di novità, coinvolgimento sociale, maggiore intensità delle emozioni, esplorazione creativa. Compito dell’adulto è quello di supportare la mente adolescente, guidandola verso entusiasmanti avventure ed incanalando l’impeto adolescenziale in modo da sfruttarne positivamente le energie. Il percorso prosegue, quindi, sempre in collaborazione con i genitori, come un accompagnamento all’introspezione e al far fiorire, consentendo di tradurre in atto quelle risorse in potenza.

TRATTAMENTO EMDR

Tecnica di psicoterapia finalizzata alla rielaborazione di traumi sia recenti, sia passati e di diversa natura relazionale e non solo.

Cos’è l’EMDR?

L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitisation and Reprocessing, desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un trattamento psicoterapeutico approntato nel 1989 dalla psicologa americana Francine Shapiro. Tale tecnica è stata utilizzata in origine per alleviare lo stress associato ai ricordi traumatici (vedi reduci di guerra) ed ha avuto negli anni abbondanti ricerche cliniche: oggi è considerato il trattamento evidence-based per il Disturbo Post Traumatico da Stress, validato da ricerche e pubblicazioni più di qualunque altra psicoterapia nel campo del trauma (vedi sito emdritalia.it).

Esistono traumi con la “T maiuscola” e con la “t minuscola”: i primi sono quelli che minacciano la nostra integrità fisica come calamità naturali, incidenti stradali, aggressioni, stupri, omicidi o suicidi di persone care, diagnosi infauste; i secondi riguardano la relazione con persone significative (es. trascuratezza…), meno eclatanti, ma che possono assumere un peso soprattutto se ripetuti nel tempo o subiti in momenti di particolare vulnerabilità o nell’infanzia. In entrambi i casi le reazioni emotive e fisiche sono così importanti che il cervello non riesce ad elaborarle, rimanendo immagazzinate in reti neurali isolate (ricordi traumatici), pronte a riattivarsi in relazione a particolari eventi/elementi scatenanti (trigger). La tecnica EMDR, individuati i ricordi traumatici su cui lavorare, prevede una stimolazione bilaterale attraverso i movimenti oculari e non solo; tali stimolazioni hanno lo scopo di favorire una migliore comunicazione tra i due emisferi cerebrali e si basano su un processo neurofisiologico naturale, simile a quello che avviene nel sonno REM. In pratica l’EMDR trasforma l’esperienza da emotiva in cognitiva, non eliminando il ricordo, ma la vividezza delle sensazioni legate all’evento traumatico che, altrimenti, pur appartenendo al passato, rimangono intense e spesso invalidanti, oltre che pervasive. L’EMDR non è quindi un metodo per “disinnescare i ricordi dolorosi”, cioè quelli immagazzinati in modo disfunzionale. Dopo un trauma o uno stress grave, con la terapia EMDR si acquista la consapevolezza che ciò che è successo non si può cambiare, ma il ricordo può essere trasformato liberando risorse preziose per la guarigione e il benessere dell’individuo e della comunità.

Come funziona e quando si applica?

L’EMDR è una tecnica psicoterapeutica che si applica all’interno di una relazione terapeutica, seppur breve e creata ad hoc. È un intervento finalizzato a de-sensibilizzare eventi traumatici che possono essere recentemente accaduti (protocollo eventi recenti) o più antichi, che si incastonano nella storia della persona e ciclicamente riemergono, riportandola nel passato. I traumi più insidiosi, in realtà, non sono quelli singoli seppur soverchianti e disorganizzanti, quanto quelli di natura relazionale che appartengono al passato più lontano e tuttora condizionano l’idea che ciascuno ha di sé. Il percorso EMDR permette di individuare le idee disfunzionali sulle quali la persona fonda sé stessa e le sue scelte di vita per arrivare ad accoglierle, comprenderle ed eventualmente, spesso in modo spontaneo, arrivare a modificarle. Ciascuno di noi racchiude una complessità di parti che si sono create ed attivate per garantirci la sopravvivenza nei momenti più critici, attualmente però alcune parti possono diventare scomode o anacronistiche: l’EMDR lavora per mettere in dialogo queste parti ed arrivare ad una loro integrazione.

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TRATTAMENTO EMDR

Tecnica di psicoterapia finalizzata alla rielaborazione di traumi sia recenti, sia passati e di diversa natura relazionale e non solo.

Cos’è l’EMDR?

L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitisation and Reprocessing, desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un trattamento psicoterapeutico approntato nel 1989 dalla psicologa americana Francine Shapiro. Tale tecnica è stata utilizzata in origine per alleviare lo stress associato ai ricordi traumatici (vedi reduci di guerra) ed ha avuto negli anni abbondanti ricerche cliniche: oggi è considerato il trattamento evidence-based per il Disturbo Post Traumatico da Stress, validato da ricerche e pubblicazioni più di qualunque altra psicoterapia nel campo del trauma (vedi sito emdritalia.it).

Esistono traumi con la “T maiuscola” e con la “t minuscola”: i primi sono quelli che minacciano la nostra integrità fisica come calamità naturali, incidenti stradali, aggressioni, stupri, omicidi o suicidi di persone care, diagnosi infauste; i secondi riguardano la relazione con persone significative (es. trascuratezza…), meno eclatanti, ma che possono assumere un peso soprattutto se ripetuti nel tempo o subiti in momenti di particolare vulnerabilità o nell’infanzia. In entrambi i casi le reazioni emotive e fisiche sono così importanti che il cervello non riesce ad elaborarle, rimanendo immagazzinate in reti neurali isolate (ricordi traumatici), pronte a riattivarsi in relazione a particolari eventi/elementi scatenanti (trigger). La tecnica EMDR, individuati i ricordi traumatici su cui lavorare, prevede una stimolazione bilaterale attraverso i movimenti oculari e non solo; tali stimolazioni hanno lo scopo di favorire una migliore comunicazione tra i due emisferi cerebrali e si basano su un processo neurofisiologico naturale, simile a quello che avviene nel sonno REM. In pratica l’EMDR trasforma l’esperienza da emotiva in cognitiva, non eliminando il ricordo, ma la vividezza delle sensazioni legate all’evento traumatico che, altrimenti, pur appartenendo al passato, rimangono intense e spesso invalidanti, oltre che pervasive. L’EMDR non è quindi un metodo per “disinnescare i ricordi dolorosi”, cioè quelli immagazzinati in modo disfunzionale. Dopo un trauma o uno stress grave, con la terapia EMDR si acquista la consapevolezza che ciò che è successo non si può cambiare, ma il ricordo può essere trasformato liberando risorse preziose per la guarigione e il benessere dell’individuo e della comunità.

Come funziona e quando si applica?

L’EMDR è una tecnica psicoterapeutica che si applica all’interno di una relazione terapeutica, seppur breve e creata ad hoc. È un intervento finalizzato a de-sensibilizzare eventi traumatici che possono essere recentemente accaduti (protocollo eventi recenti) o più antichi, che si incastonano nella storia della persona e ciclicamente riemergono, riportandola nel passato. I traumi più insidiosi, in realtà, non sono quelli singoli seppur soverchianti e disorganizzanti, quanto quelli di natura relazionale che appartengono al passato più lontano e tuttora condizionano l’idea che ciascuno ha di sé. Il percorso EMDR permette di individuare le idee disfunzionali sulle quali la persona fonda sé stessa e le sue scelte di vita per arrivare ad accoglierle, comprenderle ed eventualmente, spesso in modo spontaneo, arrivare a modificarle. Ciascuno di noi racchiude una complessità di parti che si sono create ed attivate per garantirci la sopravvivenza nei momenti più critici, attualmente però alcune parti possono diventare scomode o anacronistiche: l’EMDR lavora per mettere in dialogo queste parti ed arrivare ad una loro integrazione.

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ATTIVITA’ PERITALE

Colloqui di conoscenza con la/le persona/e coinvolte nella perizia e finalizzati a stilare una relazione destinata all’iter giudiziario intrapreso o da intraprendere.

Altro attuale ambito di lavoro è quello peritale come Consulente Tecnico di prte (CTP) o in collaborazione con un avvocato rotale per delineare il profilo psicologico e/o di personalità del cliente per intraprendere un’eventuale causa canonica. Il lavoro, in questo caso non terapeutico, consiste nella raccolta attraverso dei colloqui con il cliente di tutte quelle informazioni che conducono a stilare un profilo di personalità congruo con la dimostrazione dell’ipotesi – il più delle volte – di immaturità affettiva al momento del consenso espresso con il matrimonio.

FORMAZIONE PER ASSOCIAZIONI DEL TERRITORIO

Ho collaborato per diverso tempo con l’Associazione Alice (Associazione volta alla sensibilizzazione del territorio circa l’ictus cerebrale) nel formare e supportare i volontari, come anche i membri del Consiglio Direttivo, nello svolgere al meglio la loro missione sia fuori, sia all’interno delle realtà ospedaliere. Il tutto mettendo in rete le nostre rispettive risorse, riconoscendo e potenziando quelle già presenti. Un’altra area di lavoro, quindi, consiste nell’affiancamento di quelle realtà del territorio che necessitano di una figura professionale esterna, dedicata alla conoscenza, selezione, formazione ed accompagnamento dei diversi membri dell’Associazione per sostenerli nella motivazione e riqualificazione del proprio pensare ed agire.

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FORMAZIONE PER ASSOCIAZIONI DEL TERRITORIO

Ho collaborato per diverso tempo con l’Associazione Alice (Associazione volta alla sensibilizzazione del territorio circa l’ictus cerebrale) nel formare e supportare i volontari, come anche i membri del Consiglio Direttivo, nello svolgere al meglio la loro missione sia fuori, sia all’interno delle realtà ospedaliere. Il tutto mettendo in rete le nostre rispettive risorse, riconoscendo e potenziando quelle già presenti. Un’altra area di lavoro, quindi, consiste nell’affiancamento di quelle realtà del territorio che necessitano di una figura professionale esterna, dedicata alla conoscenza, selezione, formazione ed accompagnamento dei diversi membri dell’Associazione per sostenerli nella motivazione e riqualificazione del proprio pensare ed agire.

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COSTRUZIONE DELLA RETE CON GLI EVENTUALI ALTRI PROFESSIONISTI IN CAMPO

Credo nelle relazioni come elemento terapeutico e di cambiamento sia per chi si rivolge allo psicologo, sia per lo psicologo stesso. Credo profondamente nell’importanza di “portare nella testa” e nell’approccio terapeutico tutti quegli input che ho potuto apprendere nell’incontro con gli altri pazienti e nell’essenziale collaborazione con i colleghi, nonché la supervisione. Il certosino lavoro di collaborazione e cooperazione con i colleghi ritengo sia fondamentale per lavorare in questo campo e per offrire un servizio il più completo, sentito ed esaustivo possibile.